Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

COLLABORAZIONI

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L’APE NELL’ARTE CONTEMPORANEA UN LUNGO VIAGGIO CHE CI PORTERÀ ALLA SCOPERTA DI ARTISTI CHE SI ISPIRANO ALL’APE

L’ARTE SI ISPIRA ALLA NATURA


 

Renzo Barbattini Dipartimento di Scienze AgroAlimentari, Ambientali e Animali - Università di Udine

Giuseppe Bergamini Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo - Udine

 



L’APE NELL’ARTE CONTEMPORANEA, UN LUNGO VIAGGIO CHE CI PORTERÀ ALLA SCOPERTA DI ARTISTI CHE SI ISPIRANO ALL’APE

 

BINO BINI

 

Il maestro orafo, scultore e medaglista Bino Bini è assai noto non solo a Firenze, sua città natale (11 settembre 1916), ma anche su tutto il territorio nazionale ed estero dove numerose sono le sue opere. Ma è con Firenze che Bino Bini ha avuto un rapporto privilegiato, grazie alla “Scuola Internazionale dell’Arte dei Metalli” (da lui fondata (1)).
Il maestro è deceduto il 2 febbraio del 2007; la figlia Anna ci ha fornito le immagini di due grandi sculture in bronzo realizzate da Bino Bini. Nel 1980 ha eseguito, per l’agenzia D della Cassa di Risparmi e Depositi di Prato, a Prato (PO), la scultura (m 4 x m 4), dal titolo Prato Operosa.

 

Essa (Fig. 1) rappresenta una grande lente d’ingrandimento attraverso la quale si vedono ingigantiti, fiori, ciuffi di erba e alcune api in volo; ciò sta a rappresentare, come similitudine, l’operosità della città di Prato e la vita operosa che si svolge in un prato vero, se ci si sofferma ad osservarlo attraverso una lente d’ingrandimento. Bino Bini ha realizzato anche un’altra scultura con api; questo gruppo (altezza m 1,90), dal titolo Pace e lavoro, fu eseguito nel 1991 per la fondazione dello stabilimento di pelletteria IBIZA a Tokyo in Giappone, di proprietà del Sig. Yoshida.

Foto 1 - Bino Bini A, Prato Operosa (1980) (Cassa di Risparmi e Depositi di Prato

 

Questa scultura (Fig. 2), che ha per base un grosso masso, rappresenta grandi fiori a calice e tre api, di cui una sta volando e due sono posate sui fiori, intente a suggere il nettare.


Foto 2 - Bino Bini B, Pace e lavoro, (1991) (IBIZA, Tokyo, Giappone).

 

 

Foto 3 - Gianni Borta, L’ape sul fiore (1986) (collezione privata)

 

 

GIANNI BORTA

 

Gianni Borta è nato e vive a Udine ed è considerato un protagonista di quella che è ormai conosciuta come arte naturalistica; per i temi trattati e i risultati conseguiti, comincia ad essere visto come un caposcuola. Espone dal 1961 e ha ottenuto numerose affermazioni tra premi nazionali ed internazionali.
Il quadro rappresentato (Fig. 3) è stato realizzato in occasione del convegno organizzato dal Gruppo Apicoltori di Pavia di Udine, un paese del Friuli, nell’ambito della festa di S. Giuseppe nel 2002. Anche se gli apicoltori dovrebbero conoscere bene l’ape, nel quadro è rappresentato un insetto che non è un’ape ma un Dittero Sirfide (probabilmente del genere Volucella): anch’esso è un assiduo visitatore dei fiori (per questo è un ottimo impollinatore).

Molti, non del settore, confondono i Sirfidi con alcuni Imenotteri (api e vespe) in quanto i Sirfidi (non essendo dotati di organo di difesa) sono caratterizzati da un forte mimetismo con altri insetti (api e vespe) dotati di organo di difesa (il famoso pungiglione): in tal modo possono sfuggire ai loro nemici, imitando insetti in grado di difendersi. Questo dipinto è un bel brano di pittura, in cui la cosiddetta ape, resa con energia espressionista, si confonde con il fiore.

Del resto, ciò ribadisce il legame tra queste due realtà, un legame sostanziale. Il lavoro è basato soprattutto sull’energia del colore e sulla forza del segno.

L’ape di Gianni Borta è sicuramente un concentrato di movimento che l’artista ha impresso nella tela con vigore e forza. Il suo talento sta proprio nel trasformare la naturale staticità di una scena in un’immagine pregna di tutte le movenze veloci e repentine di un’ape quando si posa su un fiore. Gianni Borta non è un pittore assolutamente informale, ma lascia intravedere la scena, e interpreta sulla tela il suo pensiero in modo deciso e vigoroso.

I colori fortissimi di Gianni Borta sono un caleidoscopio d’insieme, dove le combinazioni infinite, generate a caso, formano figure che, se osservate attentamente, ricordano i colori della natura.

 


Foto 4 - Pier Augusto Breccia, Il matrimonio della regina (1989) (collezione privata, Santa Fe, New Mexico, USA).

 


PIER AUGUSTO BRECCIA

 

Pier Augusto Breccia, nato a Trento il 12/4/1943 ma attivo in America e in Italia, residente a Roma, è morto il 20 Novembre 2017; è il caposcuola della pittura ermeneutica (2) (per il manifesto di questa corrente artistica e per altre notizie su P. A. Breccia consigliamo di visitare www.pieraugustobreccia.com; cardiochirurgo è diventato pittore a tempo pieno dopo una brillante carriera di chirurgia. Quando si parla di un artista è inevitabile il riferimento a una scuola, a una tendenza, ad altri protagonisti dell’arte.


Il caso di Pier Augusto Breccia è diverso ed è, quindi, corretto definirlo proprio un “caso” per la sua originalità, per la personalità di questo artista, per la sua figura di uomo che unisce a una vasta cultura il senso profondo di una spiritualità che è, poi, la connotazione forse più significativa delle sue opere. Da ciò discende il carattere di pittura “alta”, “colta”, che i dipinti di Breccia trasmettono. Altro aspetto è la singolarità delle sue opere: una singolarità che lascia interdetti, ancor più che i semplici osservatori, proprio i critici di professione, quando essi tentano di inquadrare l’opera di Breccia nel pur variegatissimo spettro delle tendenze dell’arte contemporanea, a scopo non di puro e semplice esercizio accademico, ma per un approccio il più corretto possibile nei confronti dell’artista e della sua pittura. Le sue opere sono, sovente, imponenti come dimensioni determinando un impatto notevole su chi le osserva. Pier Augusto Breccia è un artista contemporaneo, a prima vista metafisico e surrealista con richiami al futurismo dei primi del secolo scorso però, nel contempo, la forza dirompente ed espressiva che lo caratterizza, richiama alla mente il Rinascimento.

 




 

Foto 5 - Pier Augusto Breccia, La grande ape (1990) (collezione privata, St. Louis, Missouri, USA).
Foto 7 - Pier Augusto Breccia, Harem (1996) (proprietà dell’artista).
Foto 6 - Pier Augusto Breccia, Impollinazione (1994) (collezione privata, Roma).


L’opera di Breccia è sublime e simbolica, dove il gusto del bello è sempre presente; è elegante e impeccabile nella sua interezza, anche se parla una lingua che per molti potrebbe essere sconosciuta. Solo l’autore possiede il codice per decifrare questa lingua antica. Della sua vastissima produzione riportiamo alcune tele in cui è ben
rappresentata la metafora degli “uomini-ape” e dell’ “ape regina”. • Il matrimonio della Regina del 1989 (Fig. 4); • La grande ape del 1990 (Fig. 5); • Impollinazione del 1994 (Fig. 6); • Harem del 1996 (Fig. 7); • Lo sciame del 1996 (Fig. 8); • Canzone d’amore del 1997 (Fig. 9); • Il fascino di Mammona del 2003 (Fig. 10).

 

 

 

Foto 8 - Pier Augusto Breccia, Lo sciame (1996) (proprietà dell’artista).

 

Per quanto concerne l’interpretazione di questi quadri, oltre al concetto di organizzazione sociale implicito nella metafora dell’ “uomo-ape”, nelle opere di Fig. 4 e Fig. 5 domina la figura dell’ “ape regina”. Come metafora del “potere” al quale gli “uomini-ape” consegnano i loro prodotti mentre l’ape-violinista e l’ape-chitarrista offrono la loro musica. Nelle opere delle Figure 5, 6 e 7 viene proposto il tema del rapporto tra il maschile e il femminile, “animus” e “anima”, spirito intellettivo e natura, nella metafora dell’impollinazione, della fecondazione o della conquista. Lo sciame (Fig. 8) richiama il senso societario di un mondo ideale al quale ognuno di noi dà il suo apporto; e, naturalmente, essendo questo un mondo ideale, ogni apporto “individuale” consiste in qualcosa che ogni “ape” va a prendere nello spazio dell’”universale”.
Quanto a Il fascino di Mammona (Fig. 10), anche qui l’ “ape regina” è vista come il “potere” a cui ciascun individuo porta doni, mentre qualcuno (come l’ “uomo-ape” in primo piano sulla destra) siede nello spazio dell’ “ape regina” e riceve doni senza bisogno di faticare (allusione a ciò che succede in ogni luogo e in ogni tempo in prossimità del “potere”). Si può affermare, quindi, che i temi toccati da Breccia sono antichissimi per concezione, ma mai così attuali e moderni in un tempo senza tempo. È doverosa un’osservazione entomologica: è curioso il fatto che gli “uomini-ape” di Pier Augusto Breccia abbiano il pungiglione a livello di viso; le api, infatti, lo hanno nella porzione distale dell’addome. Lo stesso artista ha così risposto: «Quanto al pungiglione, nei miei quadri questo rappresenta il potere penetrante dell’intelletto (ovvero la metafora dello spirito al maschile). Esso è destinato, oltre che a incutere timore e rispetto, a penetrare le cose del mondo con l’acume dell’intelligenza. Forse per questo l’ho allocato sulla testa degli “uomini-ape”».


 

Foto 9 - Pier Augusto Breccia, Canzone d’amore (1997) (collezione privata, Roma).
Foto 10 - Pier Augusto Breccia, Il fascino di Mammona (2003) (proprietà dell’artista).

 

PAUL BRENT

 

Paul Brent è nato ad Oklahoma City (USA) nel 1946 e vive a Panama City in Florida (www. paulbrent.com) I suoi acquarelli hanno per soggetto elementi della natura (fiori e animali) e, spesso, sono stati utilizzati per farne poster.
Tra questi vogliamo ricordare Api (Honey Bees) (Fig. 11) e Bombo (Bumble Bee) (Fig. 12). Gli acquarelli stilizzati di Paul Brent fanno riferimento a un immaginario molto discreto, fatto di pochi elementi ben riconoscibili, con molta leggerezza, sulla base di qualche suggestione orientale, non senza
contatti con stilemi di matrice liberty. C’è molta poesia e molto amore nel disegno dell’ape e del bombo: sono particolareggiati ma, nello stesso tempo, risultano lievi, quasi vivi! E anche i fiori sono curati nei dettagli senza appesantire l’insieme; l’abbinamento del giallo con il violetto lo rende armonioso dal punto di vista coloristico!
Molto belle le api posate sulle margherite che dominano la scena, ed essendone le protagoniste in uno sfondo semplice e puramente di supporto, fanno mostra di se in modo che l’occhio non possa fare a meno di guardare solo loro.

Paul Brent è un grande maestro dell’acquarello, ma la sensibilità poliedrica che lo caratterizza gli consente di eseguire le sue opere con una particolare delicatezza di colori che inducono alla tenerezza e che ricordano le tinte provenzali: soprattutto quel bel violetto delicato che richiama la profumata lavanda.

Possiamo quindi affermare che le rappresentazioni “apistiche” di Paul Brent sono essenziali, ma nello stesso tempo molto incisive per il contesto semplice e di movimento che l’artista dona a questi morbidi acquarelli.

 

 

 

 


Foto 11 - Paul Brent, Api (Honey Bees) (collezione privata).
Foto 12 - Paul Brent, Bombo (Bumble Bee) (collezione privata).


 

TERESA BURROWS

 

 

Teresa Burrows, nata il 7/07/1962 a Londra (Inghilterra) ma residente da più di 30 anni nel Manitoba (Canada), nel 2000 dipinse l’olio dal titolo Surving the hive (Fig. 13).
In esso si nota una figura femminile che sottostà a diversi favi appesi ad un infisso (in secondo piano); essi sono del tutto simili a quelli che le api “ceraiole” costruiscono sfruttando ripari naturali quali le cavità nella roccia o nei tronchi.
Nell’era moderna le api utilizzano anche ripari costruiti dall’uomo quali i cassonetti per le tapparelle o i box contenenti le centraline telefoniche.
Il titolo del dipinto potrebbe essere liberamente tradotto in Eternità in quanto si mette in contrasto la deperibilità (invecchiando) del corpo umano e la capacità della colonia d’api di mantenersi nel tempo, seppur con continui rinnovamenti.

 

Foto 13 - Teresa Burrow, Eternità (Surving the hive) (2000) (collezione privata).

 

NOTE

 

 

(1) Nella propria scuola privata, la cui tradizione dopo la morte del maestro è stata proseguita da sua figlia Anna, Bino Bini ha avviato studenti italiani e stranieri alle tecniche dell’oreficeria, incisione, sbalzo e cesello, smalto.

(2) Tema centrale del pensiero ermeneutico, così come della pittura di Breccia, è la rielaborazione del problema dell’essere dopo la “morte della Metafisica” dichiarata da Nietzsche agli albori del secolo scorso. Il termine “ermeneutica”, inoltre, permette di distinguerla da quella del Surrealismo e della pittura cosiddetta Metafisica. In tutti e tre i casi si tratta di linguaggi visuali che, al di là della pura e semplice espressività emozionale, si propongono come prodotti di un Io che si interroga sui fondamenti della propria coscienza o sul senso dell’esistenza. E in tutti e tre i casi il linguaggio pittorico si offre ai visitatori come un’occasione di significabilità personale, oltre che come una via di fuga attraverso la porta di una fruizione estetica di tipo onirico o fantastico.


 

Renzo Barbattini Dipartimento di Scienze AgroAlimentari, Ambientali e Animali - Università di Udine

Giuseppe Bergamini Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo - Udine

 

 

 

FINE 2A PARTE - la 1a è stata pubblicata sul n. 3/2019

 

 

DA

APITALIA N. 5, 2019

 

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- Per un'apicoltura a misura dei disabili

 

e, di altro argomento:

- Appunti di vacanze - Il rifugio di Resy

- Metamorfosi del legno

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Di altri Autori:

- sull'argomento "Miele" in Collaborazioni varie, di Maria Cristina Caldelli: DOLCILOQUIO - A TAVOLA CON IL MIELE ITALIANO.


- sull'argomento "Api e Religione", segnaliamo in Collaborazioni Varie l'articolo del Prof. Franco Frilli - "L'Ape nella Sacra Scrittura".

 

 

 

 

 

 

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